[fonte]
Fu una lauta cena: deliziosa faraona al porto, seguita o intervallata (ci fu tale libertà) da rollé di coniglio lardellato e uva bianca.
Di contorno gustose patate arrosto tagliate a dischetti: una cottura perfetta.
Il formaggio (da me portato) fu un divino pecorino con tartufo.
Apparve infine la torta di compleanno, immancabile, non dopo aver spento tutte le luci di casa.
Di contorno gustose patate arrosto tagliate a dischetti: una cottura perfetta.
Il formaggio (da me portato) fu un divino pecorino con tartufo.
Apparve infine la torta di compleanno, immancabile, non dopo aver spento tutte le luci di casa.
Una perfetta, nella sua semplicità, tiepida
torta di mele, accompagnata da un eccellente gelato al fior di latte.
Dal centro geometrico della torta s’ergeva,
in luogo di decine di candeline, un piccolo e variopinto candelotto alto una
spanna (ricordava il bastone internazionale dei barbieri); un fuoco pirotecnico la cui fiamma, d’un biancore immacolato, sprizzava
eccitata, liberando un fruscìo elettrico.
Il festeggiato fece mostra della sua
condizione da ex fumatore e soffiò sul candelotto, per zittirlo.
La figlia scattò alcune foto, per
immortalare il momento, ed il risultato fu curioso.
Questa fiamma artificiale, incrociando il
getto d’aria espirato, rivelava la sua progettazione innaturale, cambiando direzione
ad angolo retto, oppure interrompendosi e procedendo ad impulsi, generando
segnali di luce di gusto marinàro.
Ero l’unico invitato; il festeggiato,
alla domanda della moglie, su cosa desiderasse avere in regalo, rispose
“Carlo”.
Quella veste da regalo era inconsueta, ma
la provai ed oggi posso dirla privilegiata; non comprende abusi di nessun tipo, né
sessuali, né vagamente ludici, nessun impegno se non l’abbuffarsi in un
ambiente intimo, con squisite cibarie ed un vino francese superbo. Per
converso, l’incarnare un regalo, unicamente c’investe dell’onore d’essere considerati
motivo di gioia e oggetto di ricordo (“Ricordo quel compleanno, quando mi
regalarono te!” mi disse sospirando anni dopo; i suoi occhi scintillavano,
puntando verso un apparente nulla).
Ciò nonostante, mentre il mio caro amico
commosso abbracciava i due figli, distribuendo baci schioccanti, e la figura della moglie si stagliava nella penombra
dietro di loro cingendoli tutti con braccia da madre (saggiava il gioioso quadretto con un sorriso grato e lasciava trapelare il suo plauso all'Altissimo, poiché “Si! E’ perfetto, tutto
perfetto!”), il momento di felicità suscitò in me un pensiero tragico; un
cupo finalismo intorpidì le mie acque.
Madre Natura, fredda ed assassina, spietata
m’alitò sul collo; in un momento inopportuno mi rammentò il suo ingrato adoperarsi.
“Povero amico caro…”, pensai.
Ritornai alle nostre meste serate durante il
servizio militare; lui guidava tenendo fra le gambe una bottiglia di Caldaro,
ormai vuota; s’andava tristi e bolsi per la via che s’incunea tutt’oggi fra due
caserme.
Ad entrambi i lati, alte mura e garitte che
ingabbiavano stanchi e infreddoliti militari, mentre perdevano i loro giorni; le nubi dei loro respiri erano calde di vita e di grappe.
Fin d’allora e prima ancora (ché già le
idee si deteriorano, anche per chi ne rifiuta l’esistenza) ci stavamo
consumando, ma non di buon Caldaro e neppure di tisi o fulminante difterite, ma
per silenzioso ed omicida intento della Natura, e punto!
Quel costante fermentare e ribollire, sotto
la nostra pelle, che produce?
La sera in cui incarnai il regalo, venticinque
anni dopo, ancora si percorreva la medesima discesa, chi più rapido e chi meno. Tutti i presenti tentennavano sempre più nello svolgersi dei giorni ed anche l'incedere spensierato dei giovani seguiva la medesima via: un vicolo cieco.
Perciò mi rattristai, nel vederlo
aggrappato, caduco, alle gioie lecite e volatili, intanto che neppure il dubbio
primo lo sfiorava, quello cioè dell’esistenza di una leva del
freno, da cercare ovunque in lui e persino fuori di lui.
Se la determinazione della fede non ti si addice, almeno hai urlato disperato il tuo dissenso? Hai tentato, tu, il tentatore?
Se la determinazione della fede non ti si addice, almeno hai urlato disperato il tuo dissenso? Hai tentato, tu, il tentatore?
Hai frugato dietro gli armadi? Nel retro della casa? In quella zona nascosta dei giardini, che in genere accoglie cianfrusaglie, come vecchi copertoni e teli di serre, oppure in solaio? Sebben banale, questo è luogo elettivo per ciò che si ricerca, nonché luogo metafisico per antonomasia... Di ciò non stiamo trattando?
In cantina, hai guardato bene? Hai spostato lo scaffale zeppo di bottiglie, fra cui ben tre Château Yquem Grand Cru del 1983? Dimmi, l'hai fatto? Ovviamente - in questo caso – spero tu abbia agito con
con particolare attenzione...
Ed è mai possibile, amico mio, pensavo, che
chi ti ami non possieda questa leva?
L’hai squartata, lei, scostando gl’intestini?
Le hai strappato la colonna vertebrale impugnandola dall’atlante, tirandola con
forza verso di te? Hai sentito l’assordante stridore delle ruote del treno
bloccate, quando si straziano d’attrito?
Hai guardato nelle prelibatezze culinarie che lei cucina? In mezzo ai maccheroni, nei monconi di pajata o nelle quaglie, nei loro ventri? Hai sondato con delicatezza nello stracotto, in fondo alla pignatta, nella scaturigine del gusto, prima d'ingurgitare distratto la sacra chiave del tabernacolo, lì celata dal destino?
Hai guardato nelle prelibatezze culinarie che lei cucina? In mezzo ai maccheroni, nei monconi di pajata o nelle quaglie, nei loro ventri? Hai sondato con delicatezza nello stracotto, in fondo alla pignatta, nella scaturigine del gusto, prima d'ingurgitare distratto la sacra chiave del tabernacolo, lì celata dal destino?
Hai chiesto singhiozzando ai figli tuoi, immensamente giovani, d'indicarti la via?
Dimmi, amico mio: hai fatto tutto ciò?
Dimmi, amico mio: hai fatto tutto ciò?
Nessun commento:
Posta un commento