[fonte]
Il
gusto è la frontiera,
patita
e presidiata,
di
là s’affaccia vigile,
famelico,
il terrore.
Non
lo perscrutarono
i
rotondi Papi antichi
e
d’orrore per gl’ortaggi,
in
ispecie se bolliti,
anonimi
già crudi,
per
natura scipiti
(s’aggrega
la paura
nei
cristalli gottosi),
perdurando
trapassati,
oggi latrano
carponi
dalla
piova inzuppati
e caduti
fra i golosi.
***
Il
gusto è la cecaggine,
un
sermone gesuita.
Della
dannazione
il
timore s’accende,
per
vuoto di perizia
nei
midolli di Stephen,
come
gas fuso a mercurio
nelle
lampade di Tesla;
Bloom
è il salvatore,
antieroe
noi lo si legge
nonostante
di rigaglie
e
di rognoni irlandesi
quell’uomo
non disdegni.
***
Il
gusto è torcere
altronde
la visione,
dall’intima
e nostra
rivolta
completa,
la
giravolta totale
dell’anima
secondo
il
divino Platone.
L’uomo
s’imbeve
d’aromi
e l’intelletto,
a
modo dell’occhio
distolto
dal buio
e
teso all’oggetto
di
naturale languore,
alfine
c’impressiona:
dell’orizzonte vede
tutto il
lume del sapore.
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3 commenti:
La scimmiaglabra—la s'inventa gli dèi, gli arnesi ch'essa adopra a far paura—ma che bell'animale quando ingozza, quando manicaretta cibo e palazzi e templi e un'arte—cosiddetta—tutt'attorno, al sentirsi padrone in accorgendosi che nulla proprio nulla dell'intorno è da capire
e' un piacere infinito leggere commenti come questo, grazie!
Thanks for the poost
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