Quando Giulio Cesare
interrogò la sorte,
non l’erme dall'iride cavato,
o il mutilo e fisso simulacro,
né i mosaici lerciati
dall’orina dei cani,
che ancora ne svelle
una tessera ad una,
o i miti defluiti
con uno scroscio
nei racconti scordati
(non si contan gl'immortali
affogati nella pioggia),
non si distrasse alcuno
dalle memorie sue,
a fermare l’Armata
Rossa su Vienna.
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