All’età di tre anni ebbi in regalo dai miei
genitori un cane, il quale, ineluttabilmente, venne chiamato Snoopy.
Anche il cane della mia coetanea e amica
Lara venne chiamato Snoopy, anche se di diversa razza, ma, a parte ciò, “allo
Snoopy” (slang milanese, come rimarcò Moretti) davo da mangiare del Pongo.
Verde, rosso, blu, arancione, giallo… Pongo!
Poi uscivo, con mia nonna e Snoopy. Lui, al
parco Solari, si produceva in mirabolanti cacche variopinte, per la mia gioia.
Mia nonna, tornati a casa, mi frantumava le ossa a bastonate.
Ora non potrei più farlo: il Pongo inquina,
non è biodegradabile. Purtroppo, anche la cacca del cane, quella vera, inquina;
chi ha il cane dovrebbe raccoglierla, perché sporca, puzza, porta malanni e,
immaginando la ragnatela infinita e sotterranea, generata dalle colature che
dipartono da ogni cacca di cane,
probabilmente contribuisce all’inquinamento della falda.
Quindi: la cacca sintetica non va bene, ma
neppure quella organica.
Diciamolo serenamente: la Natura fa male. Le
porzioni di Natura, le piccole e stressate aree verdi che innestiamo
nell’ambiente urbano, compresi gli animali che ben si sono adattati alla città,
sporcano.
I cani defecano nei parchi, gli uccelli defecano sui monumenti o, come
accadde a Roma, milioni di storni possono ricoprire di guano le auto in sosta.
Il guano non ripulito, cocendo sotto il sole, intacca la vernice della
carrozzeria. E’ una spesa…
I topi portano malattia, si sa, portarono la peste. Rovistano
nella mondezza, altro che formaggio! I gatti figliano troppo, poi i piccoli
muoiono ai bordi delle strade, contribuiscono a questo lordume fermentante, che
infetta, che puzza. I ricci si fanno spiaccicare per le strade, i vermi si
suicidano strisciando sull’asfalto con la pioggia, i cani si fanno abbandonare d’estate,
poi qualcuno li falcia e… giù nuovo lordume, putrefazione, effluvi
pestilenziali. Gli insetti, non ne parliamo.
Inoltre la Natura è cattiva, che non me ne
voglia...
Ho visto un cane (bulldog francese) e un
pappagallo, questo con le zampette sui bordi della ciotola, che si nutrivano
della stessa sbobba.
Domandai cosa fosse quella robaccia
colloidale; le bestiole mi risposero con sufficienza: “Boh! Coniglio…”…
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