lunedì 30 gennaio 2012

Psicosomatomeccanica



Questa mattina sono salito sul treno definito “cacato”. In realtà non è più cacato dell’altro “modello”. E’ soltanto ad un piano solo, mentre l’altro ne ha due.
Per il resto, non cambia nulla. E’ sporco, non tutte le porte funzionano, il riscaldamento è troppo alto o troppo basso, spesso il treno è troppo corto e le persone sono costrette a stare in piedi e, in ultimo, il ritardo è così consolidato, che, di fatto, non può essere definito tale… Nel senso che, se un giorno per caso dovesse giungere a destinazione in orario, penserei di essere in anticipo.
Il treno di questa mattina, però, malgrado la platonica “cacataggine”, aveva qualcosa di curioso, di organico, oltre agli umani passeggeri e allo sporco: respirava, o comunque mugugnava una specie di “Mmmmmmmmmh” inespressivo, a intervalli regolari.
Non era il solito “Mmmmmmmmmh” di piacere, oppure quello che accompagna una breve riflessione. Era un muggito soffuso e senza crescendo, una nota di tromba infilata subito perfetta e tenuta regolare. Il tutto ogni 50-60 secondi circa. Inizialmente mi pareva di essere trasportato su di un vermone gigante, seduto nelle sue viscere, poi questa respirazione meccanica mi ha fatto ricordare i rumori a frequenza costante dei sommergibili.
A dir la verità non sono mai salito su di un sommergibile, ma quelli che ho visto in tv sono popolati da rumori precisi, e tutti a frequenza regolare: il sonar prima di tutto, poi si aggiungono quei rumori da torsione ansiogena, quei “C-cc-ccc-ccccrrrr” che, penso, derivino alla pressione esercitata sulla struttura del sommergibile.
Allora ho pensato che un’eventuale irregolarità nel respiro meccanico potesse essere un sintomo di sofferenza del treno-vermone.
Ho pensato che, per esempio, se il rumore fosse accompagnato da una sorta di fusa di gatto, potrebbe essere aneurisma dell’aorta, come lessi in un racconto di Šalamov.
A questo punto, mi sono ricordato che anni fa ero convinto di tingere (in senso alchemico) gli oggetti con la mia aura. Cioè: se un interruttore in una casa non funzionava da mesi, io, toccandolo, lo “guarivo”. Questo riprendeva a funzionare, è successo, lo giuro. Il mio impianto stereo, inoltre: il cd saltava quando ero in un periodo di maliconia. Funzionava perfettamente quando io ero felice, leggero. Potrei fare altri esempi, ma questi bastano per portarmi all’argomento centrale: in base a questa mia convinzione, avevo elaborato una teoria che associava (con uso di evidente ana-logica) un organo umano ad un pezzo dell’autovettura. E’ facile accostare lo stomaco al serbatoio, il tubo di scappamento all’intestino, la centralina al cervello, non dimentichiamo poi la relazione benzina – sangue… Le cose si complicano passando in rassegna le parti più misteriose, per un non  addetto. Per esempio: quale sarà mai la cistifellea dell’automobile? Questa teoria non era pura speculazione: poggiava sull’esperienza di mio padre e voleva essere utile a tutti.
La sua auto (una Fiat Tempra) si spegneva in corsa, all’improvviso, senza avvisare, in sorpasso. Nello stesso periodo lui cadeva svenuto, o sveniva seduto e non cadeva, all’improvviso, per pochi secondi, poi si riprendeva come se nulla fosse.
Quando i medici capirono che si trattava di un problema al seno carotideo, allora finalmente, con un pacemaker, il problema svanì e, negli stessi giorni, dopo due anni di inutili consulenze meccaniche, un vecchio saggio avvinazzato capì che l’auto non funzionava a causa degli iniettori sporchi. Un poco di additivo e l’auto guarì, contemporaneamente a mio padre.
Fu la prova: la mia intuizione era corretta. L’uomo tinge i macchinari, li impregna, li influenza.
Iniziai allora ad elaborare la teoria: immaginai una categoria di meccanici evoluti; essi, una volta raccolte informazioni sulla salute del conducente dell’auto, poi ascoltando i gemiti del motore (o il silenzio, nel caso di mancata accensione), con due utili consigli di vita, guarivano l’uno e l’altro, l’uomo e la macchina, la mente ed il corpo.
Purtroppo, i sentieri dell’esistenza non mi hanno consentito di terminare la stesura del manifesto di questa nuova categoria, ma il nome della materia ce l’ho: psicosomatomeccanica.

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