lunedì 22 agosto 2016

Perdix






Perdix

Lo sconvenevole frullio
della pernice in volo
un flato richiama,
tanto ch’ella preferisce
un pudico e presto
sciolto zampettare,
a compatir di Perdix
la vertigine in caduta,
dall’Acropoli gettato.

*

La Dea benevolmente
in pernice il ragazzo
mutò prìma dello schianto;
fatta la ruota del vasaio,
il cesello, la sega, osservando
la lisca di pesce ed il compasso,
nello zio architetto
accese cieco l’astio.

*

L’orrore uguale
fu iscritto nel nume,
la nemesi Dedalo attese.
Ressero da Creta in volo,
uccelli artigiani,
alla giusta distanza
dall’astro e dal mare,
ma improvvido Icaro
levò verso il sole:
la cera s’ammolla,
si spiumano braccia,
frusciano sibili
gli scheletri d’ali,
fischiano invano
i gesti le stecche,
smaniano il suolo i piedi,
che l’aria tagliano ancora,
si tronca il respiro,
si spappola il cuore,
precipita il giovane,
si scioglie nel mito e nel sale.

4 commenti:

Unknown ha detto...

Accade anche talvolta—caro amico—che il cadere sia lungo, senza ci sia conforto, adagio adagio: le ali che pian piano rattrappiscono e il sole freddo che non scalda mai

Carlo ha detto...

E' tragicamente vero... Ciao!

Unknown ha detto...

O signor Carlo: regalaci un qualcosa, ch'è patana

Carlo ha detto...

Mi spremo: giurin-giuretta!